E’ sicuramente un dato molto incoraggiante quello che traspare dall’ultimo rapporto CRIF riguardante l’andamento dei mutui nell’ultimo trimestre, in particolare sul dato relativo al tasso di default (ovvero quando non si riesce più a pagare la rata e l’Istituto bancario avvia le formule di pignoramento dell’immobile) in Italia. Rispetto al 2013, infatti, il dato segna un’inflessione nel trend, assestandolo all’1,7% contro il precedente 2% avvicinandolo alle rilevazioni di quattro anni prima dove non superava l’1,6%. Con il tasso di default cala anche il numero di aste immobiliari che si assesta al 6,7%. Tutto questo proprio mentre il recente Decreto Mutui ha integrato al suo interno un provvedimento approvato dal Consiglio dei Ministri con il quale la Banca potrà pignorare direttamente la casa qualora il mutuatario non paghi 18 rate consecutive. A cosa si deve quindi il motivo di quest’inflessione? Sicuramente la risposta è da attribuirsi all’attivazione di una serie di strade alternative percorribili da chi si ritrova in evidenti difficoltà a pagare le rate del mutuo. Va detto che gli Istituti Bancari tendono sempre ad evitare, ove possibile, la vendita della casa all’asta, considerato che il valore dell’immobile verrebbe praticamente decurtato del 30/40% e che i tempi di gestione della pratica richiederebbero non meno di 5 anni. Conviene quindi sia alla Banca che al mutuatario trovare un accordo per rendere meno impegnativo onorare il debito. Le possibilità di ristrutturazione del mutuo sono molteplici e consistono il più delle volte nello spalmare lo stesso in un periodo più lungo, con una rata minore ma maggiori interessi per la Banca. Esistono poi i cosidetti “fondi di solidarietà” che permettono
al debitore moroso di sospendere il pagamento delle rate per 12 mesi mentre il fondo stesso copre per loro gli interessi maturati. Di questi ne esistono due tipi, il primo “Fondo di solidarietà per l’acquisto della prima casa”, specifico per l’abitazione principale con un tetto di 250.000 euro e un limite di reddito pari a 30.000 euro, che permette la sospensione fino a 18 mesi, e il fondo per la sospensione della quota capitale dei crediti alle famiglie, il quale non ha limiti di reddito ma ha una sospensione massima di 12 mesi. Sicuramente una boccata d’aria che ha permesso, nell’ultimo triennio, di tirare il fiato a 30.000 famiglie italiane. E se tutto questo non basta? A questo punto l’immobile può essere messo in vendita prima che maturi il contenzioso con la banca, spesso con l’ausilio diretto dell’Istituto di Credito al fine di coniugare l’esigenza di recuperare il proprio credito vantato con quella di massimizzare il valore dell’immobile.