Catasto, cosa prevede l’ipotesi di riforma Dopo il nulla di fatto degli anni scorsi, il Governo torna a parlare di riforma del Catasto. Argomento che desta preoccupazione tra i proprietari, che non vogliono trovarsi a pagare tasse maggiori per una complessiva revisione dei parametri di valutazione degli immobili. Ad ogni modo, il percorso della riforma del Catasto non sarà breve: l’impegno assunto dal Governo è non tassare la prima casa e non far pagare di più, ma rivedere le rendite e i moltiplicatori.
“L’Italia geografica è più grande dell’Italia catastale”
La riforma punta all’emersione degli immobili fantasma: edifici non censiti sui quali non si pagano tasse a cui attribuire una rendita, aumentando quindi il gettito in un’ottica di trasparenza. I tentativi di riformare il sistema del Catasto sono stati molteplici, ma mai andati a buon fine. Nel 2014 è iniziato un processo per sostituire i vani con i metri quadri. Dopo varie ipotesi su tale riclassificazione, la delega è scaduta senza che i decreti attuativi fossero approvati. Per capire se verranno utilizzati questo criterio e la localizzazione degli immobili, è però necessario attendere i contenuti del provvedimento.
Catasto, lo stock immobiliare
Secondo le rilevazioni condotte nel 2020 dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate, lo stock immobiliare consiste in 76,5 milioni di immobili, di cui 66 milioni sono censiti nelle categorie catastali ordinarie e speciali, con attribuzione di rendita, e circa 3,6 milioni sono censiti nelle categorie catastali del gruppo F, che rappresentano unità non idonee, anche se solo temporaneamente, a produrre un reddito.
La maggior parte degli immobili produttivi di reddito è censita nel gruppo A (circa il 55%) e nel gruppo C (oltre il 42%), dove sono compresi, oltre ad immobili commerciali (negozi, magazzini e laboratori) anche le pertinenze delle abitazioni, ovvero soffitte, cantine, box e posti auto. La restante parte dello stock, il 3%, è costituita da immobili censiti nei gruppi a destinazione speciale (gruppo D: 2,5%), particolare (gruppo E: 0,2%) e d’uso collettivo (gruppo B: 0,3%).
La rendita catastale complessiva attribuita allo stock immobiliare ammonta a quasi 38 miliardi di euro, di cui quasi il 61% relativo proprietà di persone fisiche (circa 23 miliardi di euro) ed il restante 39% detenuto dalle persone non fisiche (PNF). Alle abitazioni corrisponde una rendita pari ad oltre 17 miliardi di euro. Per le persone fisiche la rendita catastale complessiva ammonta a quasi 16 miliardi di euro, cioè il 92,7% circa del totale.
Il processo di riforma che il Governo intende intraprendere si muoverà in due direzioni: da una parte potrà ridefinire le rendite, garantendo l’invarianza di gettito grazie alla riforma fiscale complessiva, dall’altra individuerà gli immobili al momento sconosciuti.