Nella nostra società l’aspettativa di vita, per fortuna, nel tempo si è allungata e ciò ha causato la necessità di tutelare la gestione patrimoniale di familiari non più sufficientemente consapevoli per agire in autonomia; si è creata pertanto la necessità di guidare il soggetto (amministrato) tramite la figura dell’amministratore di sostegno. La carica si attiva mediante ricorso al giudice tutelare, il quale, assunta ogni opportuna informazione, provvede con decreto, alla designazione dell’amministratore di sostegno definendo l’oggetto dell’incarico.
Va da sé che è molto importante la scelta della persona incaricata di tale mansione: esso deve agire con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi della persona del beneficiario. La scelta potrà pertanto cadere sul coniuge, sul convivente, su altro parente ma anche su un estraneo: in questo caso spesso è interpellato un professionista.
Chiunque, e quindi anche l’amministrato, può designare il proprio amministratore di sostegno in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. È anche possibile designare, mediante testamento, un determinato soggetto amministratore di sostegno del proprio figlio. La designazione fatta con atto pubblico ha un grande valore, in quanto è vincolante per il giudice tutelare: questi può infatti disattenderla soltanto ove ricorrano gravi motivi. Con le stesse modalità, sempre mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, è possibile inoltre revocare gli amministratori di sostegno già nominati. Da ciò si evince che l’amministrazione di sostegno è una misura meno invadente rispetto alla interdizione poiché colui che vi è sottoposto non perde completamente la propria capacità di agire, ma soltanto in relazione ad alcuni specifici atti; esso rappresenta un istituto moderno e sufficientemente elastico a tutela dei soggetti coinvolti, che tiene conto dell’esigenza di rispettare e valorizzare la loro residua capacità di agire, sia fisica che psichica. L’amministrato deve essere assistito o rappresentato nel compimento degli atti espressamente indicati nel decreto del giudice tutelare ma conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richie
dono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno. Pertanto potrà in autonomia soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana, fare testamento, sposarsi, riconoscere i propri figli. In conclusione, le migliorate condizioni di vita, l’innalzamento del livello culturale ed in generale una rinnovata attenzione a coloro che sono, o sono diventati, “soggetti deboli”, ha fatto in modo che il legislatore cogliesse queste nuove esigenze e le adattasse alla nostra vita, in generale più prospera e lunga.