NEARLY ZERO ENERGY BUILDING: QUANDO I CONSUMI SFIORANO LO ZERO

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Il termine NZEB, acronimo di Nearly Zero Energy Building, viene utilizzato per definire un edificio il cui consumo energetico è quasi pari a zero. Gli NZEB, quindi, sono edifici ad elevatissima prestazione che riducono il più possibile i consumi per il loro funziona-mento e l’impatto nocivo sull’ambiente. Questo vuol dire che la domanda energetica per riscaldamento, raffrescamento, ventilazione, produzione di acqua calda sanitaria ed elettricità è davvero molto bassa. Tale acronimo è stato utilizzato per la prima volta nel pacchetto di Direttive Europee EPBD (Energy Performance Building Directions) pubblicato ormai otto anni fa. Gli stati membri hanno successivamente dovuto impegnarsi nell’introduzione di normative nazionali che promuovessero la realizzazione di edifici energeticamente efficienti.

Quali sono le caratteristiche di un NZEB

Non esiste una vera e propria regola univoca per la costruzione di un edificio a energia quasi zero, ma piuttosto alcuni principi da rispettare per sviluppare un progetto che sia il più possibile efficiente.

Tutte le pratiche messe in atto, comunque, hanno lo scopo comune di ridurre al massimo il fabbisogno energetico dell’edificio, che deve, appunto, essere quasi nullo. Per questo motivo sono di grande importanza tutte le soluzioni offerte dalla progettazione bioclimatica, che permettono di favorire i meccanismi passivi per il riscaldamento, il raffrescamento, la ventilazione e l’illuminazione, riducendo il lavoro richiesto agli impianti.

Un edificio NZEB deve essere ben isolato in ogni punto, essere orientato nel modo corretto, avere il giusto numero e posizionamento delle aperture, infissi performanti e impianti efficienti e innovativi. Il calore deve essere captato il più possibile in inverno e fermato in estate. E’ inoltre importante garantire un buon livello di ventilazione naturale nonché di raffrescamento passivo facendo in modo che le dispersioni siano minime.

E’ chiaro che la casa ad energia quasi zero deve considerare le stagioni: in inverno dovrà sfruttare al massimo il calore del sole, massimizzare l’accumulo e garantire l’isolamento termico. Per assicurare un clima fresco in estate occorre schermare bene l’edificio, studiare la tecnica di isolamento termico più performante e i sistemi di ombreggiamento. Fatto ciò, l’energia che rimane necessaria per il funzionamento dell’edificio può essere fornita da fonti rinnovabili.

A livello internazionale, i canadesi hanno degli interessanti esempi di casa ecosostenibile, come la casa di Edmonton, ovvero una casa passiva di oltre 220 mq che riesce a sfruttare persino il calore proveniente dal terreno grazie ai pavimenti realizzati in cemento.

Insomma in una casa passiva tutti gli elementi naturali concorrono al suo fabbisogno. A differenza di tutti gli altri paesi europei da noi i requisiti sono più ambiziosi e stringenti: per esempio un NZEB in Italia deve necessariamente produrre energia verde in sito e non solo in prossimità. Le fonti rinnovabili, dovranno anche coprire almeno il 50% del fabbisogno di energia e per la produzione di acqua calda sanitaria.

A che punto siamo in Italia?

Per quanto ci si trovi solo all’inizio di un percorso che porterà alla sempre maggior diffusione degli NZEB, l’Italia mostra un trend positivo. A fine 2018, infatti, si contavano più di 1500 NZEB, in gran parte ad uso residenziale, generalmente certificati in classe A4.

Inoltre lo scorso anno si è iniziata la ristrutturazione di più di 100 edifici pubblici, con lo scopo di raggiungere il livello di un edificio a energia quasi zero. La maggior parte degli NZEB ricorre pressoché alle medesime soluzioni tecnologiche, con elevato isolamento, pompa di calore e fotovoltaico per la produzione di energia rinnovabile.

Un esempio di edificio NZEB è il nuovo campus dell’Università Bocconi di Milano. Si tratta di una struttura con sistemi di ventilazione e sistemi di illuminazione studiati per sfruttare al massimo i raggi solari, inserimento di pannelli fotovoltaici e un sistema di sfruttamento dell’acqua piovana.

Anche i casi di edifici residenziali non mancano, tra i quali si possono citare in Italia l’edificio condominiale “La Fiorita” a Cesena, ovvero il primo edificio multifamiliare certificato Passivhaus nel 2015. Si tratta di un condominio realizzato in XLAM, con pompe di calore e fotovoltaico.

Proprio in merito alle tecnologie e alle innovazioni disponibili sul mercato, l’ENEA sottolinea che sarebbe fruttuoso poter raccogliere maggiormente i dati relativi alle nuove tecnologie messe in atto nella costruzione degli NZEB in Italia, in modo da incentivare anche la ricerca di innovazione e l’uso di nuove tecnologie.